Tutto e’ relativo.

Standard

La relativita’ e’ disarmante.
Se vivessimo in un mondo assoluto mi troverei meno in difficolta’. Ma no. Tutto e’ relativo. Tutto dipende tutto dall’universo che ti circonda, e qui l’universo e’ molto limitato.
Ecco dove sta il problema, che gli universi si separano e non ne formano uno come dovrebbe essere.
Non sono abbastanza chiara? Provo a spiegarmi meglio.
Per alcune persone sono la regina degli scassacazzi. Mi appartiene. Senza questa caratteristica non sarei io.
In un universo piu’ esteso, mi ritrovo dal lato opposto. Non sono piu’ la regina. Questo ti scombussola la percezione di te stesso.
Insomma, IO SONO UNA SCASSACAZZI, e se tu non mi vedi cosi, e’ perche’ tu lo sei piu di me.
Ecco questo e’ il principio della relativita’.

Vivi della forza della tua anima.

Standard

Ok, sono passati  7 mesi. 
In 7 mesi un’orsa ha tempo di fare i suoi piccoli.
Ed ora che mamma orsa ha dato alla luce i suoi orsacchiotti, mentre lei li impacchetta per mandarli a babbo natale prima di andare in letargo, io – che orsa non sono – mi risveglio e torno rigenerata.

E’ ottobre, e ci sono almeno 15 gradi. Si sta bene fuori con solo un maglione.
C’e’ qualcosa di strano nell’aria. Come se non fosse tutto vero la fuori.

Innanzitutto ho scoperto qualche mese fa che anche qui c’e’ il cielo blu, e che qui e’ quasi piu’ bello che a Roma. Se lo penso e’ tutta colpa di Cic. Il cielo blu mi mette particolarmente di buon umore. Ma annunciano neve, per questa settimana. Quindi per alleviare la depressione in arrivo (no, non faccio il countdown per l’inizio della stagione sciistica) mi bevo un te de buonumore.

Questo te mi mette di buonumore per due ragioni, la prima e’ per l odore di cannella che fa tanto natale, la seconda e’ perche sulla bustina c’e un foglietto con una frase che sembra quasi un bigliettino che accompagna un regalo. E sopra c’e’ una massima, che la maggior parte delle volte e’ una massima cazzata. 

Stasera il mio te mi consiglia: “Lebe aus der Stärke deiner Seele”.
Si il mio te a volte mi parla in francese, piu’ raramente in italiano, e spesso in Tetesco (eh! siamo in Svizzera. Funziona cosi).
Vivi della forza della tua anima.

Ecco cosa mi dice. E volevo dirlo anche a te.

Buonanotte!

Una ricetta rubata…

Standard

Stasera ho rubato una ricetta dal libro di Reynaud.

Carottes en couleur – riadattata

Innanzitutto bisogna partire dal supermercato, e se necessario anche dal giro dei supermercati per trovare l’ingrediente più difficile: la carota. Ma non la semplica carota arancione… Servono:

2 carote nere2 carote gialle
2 carote arancioni

pelare le carote e tagliarle a rondelle in obliquo. Poi farle bollire per 15 minuti con un po’ di sale. Passati i 15 minuti passarle sotto l’acqua fredda per fermare la cottura.

Nel frattempo puoi preparare la salsa. Per questa servono:

1 arancia
1 cipolla dolce
4 cucchiai di olio
2 cucchiai di aceto di sidro

Anche con l’aceto ti puoi divertire a fare il giro dei supermercati. Non si trova al primo colpo. Ma vale la pena provare. Poi magari abbandonerai l’idea per trovare l’aceto di mele, che dovrebbe essere molto simile.

Per fare la salsa, affetti la cipolla a rondelle fini, e le anneghi nel succo dell’arancia, aggiungi olio e aceto.

Quando le carote sono fredde, le metti nell’insalatiera e le lasci insaporirsi…

Una bontà. Noi le abbiamo mangiate accompagnate da una bistecca di maiale. Ma decisamente è un piatto che si accompagna meglio o col pesce (non chiedermi quale), o ancora meglio con la tartare… proverò.

Cucinato, e mangiato.

Questo è tutto per oggi, studio a voi la linea.

è arrivata la primavera!

Standard

Appena mi sono alzata, di buon ora – intorno alle undici e mezza – ho aperto le finestre. C’era un bel sole nel cielo blu, che fa sempre piacere. In fondo siamo a Marzo. Mi sono fatta un così (il caffè) e sono andata sul terrazzo. E’ ora di dare una lavata ai mettere i cuscini delle sedie, per togliere il grigio dell’inverno e iniziare le mie colazioni mattutine al sole. Poi ho aperto gli occhi sul giardino, e ho visto dei fiorellini gialli. Probabilmente portati dal vento. Ho chiamato l’esperta (la mamma), e mi ha detto che sono degli Eranthis, che significa fiori di primavera. E’ arrivata!!

Poi ho deciso di aprire i polmoni, mi sono messa la tuta e ho convinto R. a scoprire il parco intorno a casa, ma di corsa. Ho infilato gli auricolari e siamo andati a fare jogging. Una ventina di minuti, non molto, ma abbastanza per aprire i polmoni. In fondo, non è poi tanto male qui :).

E in questa domenica primaverile, ho voglia di cambiamento. Voglia di mare, quindi è ora di dare un’occhiata alla prossima meta: vacanza!! E qui ho iniziato a fare spazio alle idee. Vorrei fare una mostra con le mie foto dell’India. Forse è ora di aprire nuovi orizzonti, e darmi da fare per portare a termine una delle mie mille idee-progetto.

Per pensare più attivamente ho deciso di darmi ad una attività assolutamente senza senso: stirare. Non stiro seriamente da almeno… quando mi sono laureata. L’ultima volta che ho dovuto essere veramente presentabile. E quando dico stirare seriamente intendo stirare non solo le camice, che quelle vanno stirate per forza, ma intendo stirare le t-shirt. Non ho mai capito a cosa servisse, e non è che oggi ho cambiato idea, ma mi andava di farlo. Sarà l’età della ragione. O almeno qualcuno direbbe così.

Ho pensato molto, alle mie foto, alle mie idee, all’astrologia, alla primavera, agli amici che non sento da un po’, alle vacanze… ah, che bella giornata solare.

Mentre io ho viaggiato nei miei pensieri nella mia bolla di sapone trasparente e colorata, nell’altra stanza R. si incazza da solo preparando i documenti per le tasse. Tra uno sbuffo e una bestemmia, io rido, perchè non mi sono mai accorta di quanto potesse essere palloso fare la dichiarazione dei redditi. Ma questo problema non si pone per me quest’anno visto che non la devo fare da sola… e se non è una bella notizia questa!!

 Ora è il momento di prepararmi per andare da degli amici indiani a preparare la cena… quanto sono belle queste giornate leggere!

Anche questa è democrazia.

Standard

Da 15 giorni a questa parte, ho la sensazione di avere un nuovo lavoro: Ambasciatrice dell’Italia. Neutralizzo qualunque conversazione che ha per oggetto l’immagine dell’Italia, convincendo gli esteri che non bisogna dare troppo retta ai media, e che il problema sta sotto gli occhi di tutti, ma a nessuno veramente interessa. Esteri inclusi.

Il Cavaliere, per quanto difettoso sia, non è l’Italia. Il Cavaliere e i suoi festini, non sono l’Italia. L’Italia dei problemi, degli scandali e dei festini a cocaina e sesso. Ci sono tutte e tre le cose, e ben altro in Italia. L’Italia è da sempre un ambiente fertile… perlomeno dagli anni 50. Prima non so. Ma tutto questo non è il Cavaliere. Lui pure è un oggetto di questa evoluzione perversa in cui i valori non esistono ed esistono solo le esagerazioni.

In politica, la cosa negativa è, che senza prendere nessuna posizione, siamo costretti a scegliere il meno peggio. E l’Italia lo ha fatto più volte. Ha scelto il meno peggio, che si rivela sempre non abbastanza, e ovviamente peggio dei miliardi di speranze. Bisognerebbe prendere la classe politica italiana, trasferirla in un isolotto, lasciarlo senza comodità per qualche mese, e affogarli. Farlo con la prima generazione di successori, e possibilmente anche la seconda. Forse, con un po’ di fortuna, la terza generazione sarà più motivata a fare qualcosa per quello che resta del nostro paese, e portare avanti la baracca – perchè questo è – con un po’ di dignità e di senso civico. Si perchè quello che manca al mio paese è il senso civico. Da troppo tempo ormai siamo costretti ad occuparci ognuno del proprio benessere, perché se non lo fai, nessuno lo fa per te, e soprattutto, c’è sempre qualcuno pronto a mettertelo nel c**BIIIP. Così perdiamo fiducia nella politica, nelle istituzioni, e iniziamo a fare girare tutto inotrno al puro egoismo. E questo è.

Ora, il mio Primo Ministro ha tutti i suoi difetti, ma una cosa è riuscito a farla: ha ottenuto quello che voleva. Denaro e Potere. Modello Dinasty. E ca**o se ci piaceva Dinasty. E se li ha ottenuti, è perchè qualcuno glieli ha dati. Ora siamo finalmente riusciti ad incastrarlo, cosa che cerchiamo di fare da almeno 20 anni. E mi vieni naturale pensare che sia tutta una costruzione basata su fatti non concreti. E più ci penso, e più credo che sia una montatura.

Mi baso su 3 fatti principali:

PRIMO. Con denaro e potere, non siamo più umani, e pertanto vogliamo spingere i limiti sempre più in la. Questo fa di lui, e di tanti altri personaggi pubblici, un essere che ha bisogno di cose che noi mortali possiamo forse immaginare. Di festini ne avrà fatti tanti, e di sicuro anche peggio di quello che si dice.

SECONDO. Con denaro e potere, puoi nascondere tutto quello che vuoi. Ed è per questo che finora non sono riusciti a trovare nulla di concretamente importante per incastrarlo. Quindi quello che c’è ora nel piatto, è stato professionalmente costruito con un obiettivo ben preciso. Chissà, forse il prossimo premier (in termini di astuzia e piani ben orchestrati) dovrebbe essere Lele Mora, o Corona… iniziamo a farli Cavalieri.

TERZO. Quando hai denaro, potere e possiedi una televisione, e tutto questo avviene in ambiente fertile – ambiente in cui le minorenni di ora hanno come aspirazione quella di fare la velina/letterina/tronista – beh, non hai certo bisogno di pagare una prostituta per portartela a letto. A 14 anni, ci vengono coscientemente, e spinte dalle mammine, perchè questo significa costruirsi un futuro, e chissà: magari poi ti sposi pure con un calciatore… oh toh, dimenticavo che se possiedi anche una squadra a caso tipo il Milan…

Ora con tutti questi elementi, miei cari affari esteri, il mio Primo Ministro è scandaloso, e come sapete tutti, lo è solo perché ricopre un incarico pubblico. Perchè di festini così ne fanno anche persone normali, basta leggere le statistiche su droga e prostituzione. O andare in discoteca al sabato sera, che tanto è uguale. Ma diamo addosso al nano. Quell’uomo che tratta le donne come se fossero degli oggetti. Come più o meno… l’altra metà degli italiani? Il mio paese senza alcun senso civico è scandaloso. I media di tutto il mondo sono pietosi. Ce ne fosse uno che negli ultimi 15 giorni avesse scritto “con tutto sto bordello che facciamo per vendere copie, il Primo Ministro dell’Italia è più occupato a difendersi che a portare avanti un paese a catafascio”. Ecco, questo io metterei in prima pagina. Si perché in fondo è stato eletto (ormai è fatta), e a me quello che fa nella sua vita privata non interessa. Lo ha fatto nell’esercizio delle sue funzioni, questo è un problema, ma ora lo abbiamo detto, lo processiamo, non mi serve il gossip in prima pagina chiamato informazione, con i verbatim delle telefonate e SMS inviati. A me che vada con una prostituta, che sia minorenne (e già nell’età dell’emancipazione), peraltro consenziente e aspirante velina – o perché non ministro alle pari opportunità – a me non importa. Io voglio sapere che cosa fa o non fa per il mio paese. Ed ora è ovvio che non possa fare altro. E mi sta bene anche così. Mi pare chiaro che il suo primato stia estinguendosi… ma chi è il prossimo meno peggio? Mi inquieta più questo di Ruby a me… nè Ruby, anche a te? Ma anche questa è democrazia.

La prossima volta facciamo un po’ di gossip sulla Svizzera, un paese così perfetto che sputacchia sui nostri problemi… e dico la Svizzera perché è dove mi trovo ora e perchè non se ne parla mai… ma potremmo saltare alla Francia e al loro nano la prossima volta. O indietro nel passato al reale inglese e la sua Camila. Ogni paese ha i suoi problemi, persino gli americani hanno le loro barzellette, e basta ricordare l’esercizio delle proprie funzioni (corporali) di Clinton… Ma a me questi affari semi politici non mi hanno mai interessato. Quindi faccio un paio di ricerche sul paese neutro e poi ci ritroviamo qui… perché a me sta storia delle due gemelline mi sta toccando profondamente. Probabilmente qui manca un Cavaliere che distragga dalle cose importanti…

Adoro i piani ben riusciti.

Standard

Mi ricordo Mr.Smith dell’A-Team che con un sigaro in bocca alla fine di ogni episodio diceva “adoro i piani ben riusciti”. Un team strampalato, con persone che da sole forse non valevano più di qualcun altra, ma che insieme erano in grado di vincere battaglie contro criminalità organizzate, molto più grandi di loro 4. Eppure, nonostante un piano ben dettagliato, e piani di backup, incontravano sempre tante difficoltà, ma con l’obiettivo in testa, andavano dritto alla vittoria.
Ma questa è fiction, non la realtà. C’è sempre un buon fine ai loro episodi, ma nella realtà…

…nella realtà, potrebbe. Con un buon piano, ed una buona direzione in mente, e tanta fiducia in se stessi.
Ma quanti di noi hanno veramente in testa un vero obiettivo finale? Siamo umani, e non conosciamo abbastanza l’umanità per ammettere che non siamo perfetti, e che siamo terribilmente volubili. Quello che volevamo da piccoli non è quello che vogliamo da adolescenti. E nemmeno quello che vogliamo da adulti, che quando siamo adulti cambia in continuazione. Vogliamo sempre qualcosa di diverso. E che male c’è. In fondo, a parte le Miss – che vogliono la pace nel mondo – e Gandhi, noi vogliamo solo essere felici. Siamo terribilmente egoisti nella nostra felicità. E per fortuna, perché la nostra felicità, rende felici tante persone intorno a noi. Non tutte, ma che importa.
Credo che dire di aver reso felici 20 persone nel corso di una vita sia un obiettivo molto elevato, in media. Io finora penso di poterne contare 5. E sono già ad un terzo della mia vita, se tutto va bene arrivo a 15. Se conto me una in più. Ma questo lo saprò tra due terzi. Ed io sono la più importante di tutte, perché senza essere felice, non potrei rendere felice nessun altro. Quindi, voglio essere felice. Come te. Ma tu lo sai cosa ti rende felice? Io no. So cosa mi rende felice ad intervalli di 3 anni, e so che in parte sono felice se raggiungo degli obiettivi. Una volta raggiunti ne ho bisogno di nuovi. Quello che mi circonda è fondamentale. E vedo sempre di più intorno a me persone che decidono cosa rende felici e iniziano a correre. Senza fermarsi, fino a quando scoppiano.

A volte serve fermarsi, e fare il punto della situazione. Soprattutto dopo aver corso tanto.
Hai corso, hai sudato, sei stanco, felice nonostante i muscoli tesi, ma sei arrivato. Ad un punto. Ma dov’è il tuo prossimo punto? La direzione cambia nel tempo. Tu non sei sempre uguale. Tu non vuoi sempre le stesse cose. E ad un certo punto, quel punto, ti devi fermare, e pensare. E può essere più stancante che continuare a correre. Ma serve, per essere sicuro che corri ancora verso la stessa cosa, altrimenti, ti devi accorgere che è tempo di cambiare direzione. È bello pensare che siamo in grado di farlo. Per non fermarci dalla stanchezza dopo aver corso tanto, e rendersi conto che non siamo arrivati dove volevamo andare. A meno che corri per lo sfizio di correre, ma questo non si applica nemmeno ai runner. E sono convinta che persino i corridori si fermano per assicurarsi di correre meglio, migliorare lo stile, e la velocità, o qualunque altra sfida si pongano. Ne abbiamo tutti, e spesso ci lasciamo trascinare da una sfida all’altra, senza fermarci. E pensare.

Ora è il momento di pensare.

Ho corso tanto. Sono arrivata qui. E ora? Sono fiera. Guardo indietro, e mi dico brava. Ce l’ho fatta con il mio piccolo obiettivo. Ma se ho imparato qualcosa nel percorso, è che nessuno – mai nessuno – ti deve spingere dove tu non vuoi andare. Hai tu il controllo. Fermati, gira l’angolo, è più in la che devi andare. O forse devi tornare un po’ indietro. È arrivato il momento di decidere dove vuoi andare ora, e andare. E di smettere di correre solo perché hai corso finora. Non hai corso per nulla, hai solo cambiato obiettivo in corsa. Nulla di male. Il tuo obiettivo ora è un’altro. Fermati, pensa qual’è la tua nuova direzione. Fai un piano, come si deve, e poi vai, inizia a correre, senza pensare che qualcosa non andrà, perché se lo vuoi, andrà. Allora vai. È ora.

Andiamo?

Brutta roba la solitudine

Standard

Brutta roba la solitudine

“Vattene dalla mia casa! È la mia proprietà! Vattene e non farti vedere mai più! Questi turchi di merda che rompono le palle con quei caffè schifosi. È il mio chalet. Non pensare nemmeno che lo avrai, è la mia proprietà. Sparisci! Non sei che un vagabondo, senza lavoro, non pensare che lavorerò io per te! Vattene! A mai più!”

Immagina a rotazione queste parole per 10 minuti, condite di parolacce, molte incomprensibili. Questo è lo spettacolo a cui ho assistito nell’autobus. Una donna sulla cinquantina in ciabatte – con una valigia in mano e una borsa, i capelli arruffati di un biondo dimenticato, e i segni del tempo su tutto il viso in carne ma triste – parlava con un personaggio invisibile. Incazzata, delusa, e molto sola…

Che tristezza. E dire che chiunque può diventare cosí. Ho sentito storie di persone impazzite per qualcosa che non sono riuscite a controllare nella loro vita. Persone insospettabili, di grande bellezza o intelligenza. Persone da cui ci si aspetta ottengano tutto dalla vita.

Chissà se ha figli. Chissà se ha qualcuno con cui parlare, o se può sfogarsi solo su un autobus alle 7 di sera. Chissà se è diventata cosí perchè si è tenuta tutto dentro, tutto questo male per tanto tempo, che ora deve tirare fuori tutto appena serve, anche in mezzo a degli sconosciuti che ridono della sua triste follia. Persone che le staranno lontane il più possibile, perchè è solo una pazza… E nessuno spezza il cerchio. Boh, lo trovo talmente triste. Se non avessi avuto un treno da prendere, forse l’avrei invitata a bere un tè con dei biscottini al cioccolato, cosí magari avrei fatto una buona azione. E invece, cosí come tutti quanti gli altri, me ne torno a casa, nel mio mondo tranquillo, pensando a cosa cucinare stasera. E chissà dove andava lei. Brutta roba la solitudine.

Un nuovo inquilino

Standard

Da oggi abbiamo un nuovo intruso in casa, che ancora non ha trovato il suo spazio vitale, ma che già si comporta come se abitasse qui da sempre. Non vi racconto quanto è figo l’iMac, piuttosto vi racconto il suo arrivo. Da mesi, che ormai si possono anche calcolare in anni, R. doveva cambiare il suo rottame di pc. Si è deciso dopo almeno 2 anni ormai, di abbandonare la sua disperazione tecnologica, e dopo tanti  dubbi e perplessità, consigli e pareri, siamo andati di fronte a lui – l’iMac-colato, e lo abbiamo comperato. Per di più è  periodo di saldi da Manor, e per 100 franchi di meno vale proprio la pena decidersi seduta stante. Prendiamo lo scatolo, e torniamo a casa.
È venerdì sera, tra poco devo prepararmi per uscire, ma lui è li, chiuso nello scatolo poverino. Decido di rubare tempo al mio restauro e taglio lo scotch. Pezzo dopo pezzo lui si compone sul tavolo della sala da pranzo. Io e R. ci sediamo di fronte all’alieno in accensione, e ci presentiamo – due rimbecilliti, io di più visto che ho iniziato:

“benvenuto, io sono Alessandra”
“e io sono Romain
Lui si illumina mostrando immagini dallo spazio. Poi inizia a comunicarci il benvenuto in tutte le lingue del mondo.
Forse non hai capito, qui sei tu il benvenuto, essendo casa nostra”.
Ha vinto lui.

Appena smette di comunicare, io e R. notiamo un puntino azzurro proprio nel centro dello schermo, e da allora non abbiamo più visto altro. Abbiamo rimpacchettato l’iMac-checca**odisfiga, e come nuovo lo abbiamo riposto nella scatola in mezzo al salotto.
Oggi, torniamo al negozio con il babbomorto in braccio.
“Buongiorno, abbiamo comprato questo ieri, ma abbiamo un pixel rotto!”.
“Mi spiace ma era l’ultimo
Cerca meglio… ne trova un altro.
Volete che lo accendiamo?”
“Non sarà necessario, quante saranno mai le probabilità di trovarne due con un pixel rotto ?”.

Tante.
Ora abbiamo un  iMac-cheffigo con un pixel rotto, però sul lato sinistro, rosa e meno visibile.

Ha la carta cumulus?

Standard

Il 95% di voi, non hanno mai abitato in svizzera. Il 95% di voi, non sa cos’è la carta cumulus. Ergo, il 95% di voi non sa cos’è la svizzera.
La carta cumulus non è altro che un programma di fidelizzazione di Migros, come la carta bennet, la carta de Il gigante, la carta coop, etc etc.
Ma la differenza è che Migros non è solo il supermercato dalla grande M: è la più grande azienda di distribuzione svizzera, il principale datore di lavoro svizzero. In pratica è la nostra Fiat fatta a forma di supermercato con una grande M arancione.  Un’istituzione che non è in crisi, il che fa la differenza.
Messa su questo piano, la carta cumulus, non è una qualunque tessera punti, è un’istituzione. E – in quanto tale – è più importante di te. Tra te e lei, lei ha la priorità. Quando l’hai nel portafogli, è lei che decide dove fare la spesa, rifornirsi di carburante, dove pranzare… ovviamente da Migros. E se Fiat inviasse a tutti una carta guidus? Sergio, a te la linea.
È talmente un’istituzione, che dopo 3 mesi in Svizzera, Katia mi ha chiesto “ce l’hai già la carta cumulus?”, come per dire: ti sei già ambientata? Hai trovato i tuoi punti di riferimento?
Tutto sta in una carta, quella carta.
Oggi, dopo quasi 10 mesi di desistenza, anche io ho la carta cumulus.

 

Cominciamo con tutto un altro spirito.

Standard

Innanzitutto BUON 2011 a tutti. Ora il nuovo anno può iniziare, a 24 giorni dall’inizio ufficiale. Ho finalmente dei buoni propositi.
La cosa negativa è che ora ho solo 11 mesi per metterli in pratica, ma è di gran lunga sufficiente, almeno credo.
L’anno inizia bene, con una splendida giornata di sole. Mi sveglio presto, faccio una lavatrice, nel frattempo mi lavo il weekend di dosso (la catapecchia in cui ho alloggiato a londra non mi prometteva una doccia soddisfacente) e ho chiesto a George di farmi un caffè, what else? Un bel Volluto. Non tra i miei preferiti, per questo che ce ne sono ancora.
Poi dopo aver steso i panni ho decretato il momento di uscire. E cosí fu. Solo dopo 5 minuti mi sono resa conto della mia stupidità. A gennaio, seppur a fine gennaio, sono uscita senza guanti. Fine (leggersi “fain”, è inglese). Arrivata in stazione, ho letto il termometro: MENO QUATTRO. Ma si può esserre cosí imbecilli da uscire senza guanti a meno quattro? Si può e si può fare anche di più.
Arrivata al mio binario, ormai attrezzata di scaldotto composto da un bicchierone di carta ripieno di tè bianco bollente, mi trovo di fronte ad un uomo che tiene per mano un bambino. “Non fa poi cosi caldo” – dice tremando come una foglia secca infastidita dalla bora. La foglia secca, indossa una polo a maniche corte sotto un pile. Punto. Niente giacca e niente guanti. A meno quattro.

Conclusione: sole uguale caldo nelle teste svizzere.